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Vita di Assunta - Assunta Viscardi

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Assunta Viscardi
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«Padre nostro, Domenico, ai piedi della tua Arca, ecco: io deposito... la vita dell'Opera che tiene alto il Tuo nome, e in nome Tuo presento al Signore tutto l'operato di questi anni... A te, Padre, il benedire e far prosperare l'Opera; a me tacere, adorare, offrire e soffrire».
Assunta discendeva da una benestante famiglia di commercianti: il padre si chiamava Giovanni e la madre Fanny. Era la prima di tre figli: lei stessa, Emilia e Francesco. Condusse un’infanzia felice che trascorse soprattutto con la nonna Maria (che Assunta chiamava familiarmente “nunnu”) e con lo zio Filippo. Dice di se stessa nel suo diario, che scrisse dal 1917 al 1919: «La bambina crebbe, tra le carezze dei genitori e dei parenti, regina della casa. Dormiva con la nonna, in un letto grande e antico». E dello zio afferma che «si tratteneva a lungo nelle dolci sue chiese. La gente devota che l’incontrava alla Messa, che l’osservava pregare, lo diceva santo. E veramente egli era un’anima eletta… Per quella bambina egli avrebbe dato la vita e più che la vita! La cingeva a volte delle braccia, ripetendo appassionatamente: “La mia Regina, la mia Santa”».
 
Scrive ancora: «Giorni sereni la bimba passò nel vasto negozio, accanto alla nonna che, nelle ore morte, lavorava le calze per lei, e nel magazzino, più vasto ancora, ove correva, saltava alla corda, o immaginava di essere una tessitrice…». Tornando a casa dal negozio, ricorda i soliti mendicanti che la nonna beneficava con qualche moneta e con cui, a volte, scambiava qualche parola. Ricorda anche che la nonna sostava ogni sera nel «Tempio gotico dai begli archi ogivali, dal quadriportico fine» S. Maria dei Servi . E rammenta che «mentre nonna, inginocchiata, fervidamente pregava, la Reginetta faceva il giro delle navate, osservava i quadri, i voti, le lampade e il bel Gesù Bambino adagiato nella ricca culla color d’oro. Prima di uscire accarezzava il grifo, reggente la pila dell’acqua benedetta… Se la chiesa era deserta abbracciava la testa dell’animale e la baciava, aveva l’impressione che sotto la sua carezza, la fredda pietra si animasse di contento».
 
La vita della Reginetta proseguì serena per l’intero periodo delle scuole elementari. Poi ci fu la morte della nonna adorata, ma Assunta reagì. Scrive: «Le vicende del mondo fisico sono regolate da leggi, ordinate ad un fine, così le vicende del mondo spirituale. La gioia, il dolore, la morte, la sventura non sono ciechi, sebbene tali sembrino a noi che non possiamo penetrare il velo che ricopre il futuro, che non sappiamo sempre discernere i nessi intimi dei fatti, le loro cause e conseguenze occulte e lontane. Così la morte non fu cieca portando via la nonna della Reginetta poiché questa, nata già alla vita intima cosciente, ebbe in sé qualcosa che reagì contro il dolore, che colmò, in parte, il vuoto fattosi intorno a lei».
Terminate le scuole complementari (medie), Assunta fu iscritta alla scuola magistrale Laura Bassi di Bologna. Leggeva molto, «ma senz’ordine e senza guida», prendendo in prestito i libri dalla biblioteca. Dopo la scuola andava a cambiare quei libri e «a lungo peregrinava per la bella città sentendosi un atomo vibrante e possentemente vitale nel suo frastuono, inebriandosi di fragore e poi di subiti silenzi». «Leggendo I Miserabili aveva sentito l’essere suo muoversi e commuoversi nel desiderio della redenzione sociale, e del trionfo d’un ideale di giustizia e di amore e s’era detta ch’ella avrebbe vissuto per lavorare in favore dei poveri, degli avviliti, dei caduti». Nel cuore della Reginetta cominciava a fiorire con vigore la giovinezza: «un godimento intenso e diverso le veniva dal sentirsi giovane, oh, tanto giovane e forte, sua le pareva la vita, suo il mondo e suo l’avvenire».
Gli ultimi anni per Assunta. Dopo un'ultima operazione, era la quarta che subiva negli ultimi 15 anni, Assunta non si riprese più. Trascorse gli ultimi due mesi a letto nella sua camera, continuamente assistita dai suoi familiari e dai collaboratori che intanto continuavano l'attività presso l'Opera di S. Domenico. Morì di embolia il 9 marzo 1947.
Tutta Bologna la pianse, tanto che i suoi funerali si sono dovuti tenere all'aperto, a causa dell'imponente partecipazione di popolo.
P.za S. Domenico, 5/2, 40124 Bologna Telefono: 051 226170

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